La riforma fiscale del Terzo Settore

A partire dal 1° gennaio 2026 entrerà in vigore la riforma fiscale del Terzo Settore, che apporterà significative modifiche al regime fiscale degli enti iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).

Con il via libera di Bruxelles si apre un nuovo capitolo per gli enti non profit, che dal 2026 potranno avvalersi di regole stabili e coerenti con il quadro europeo sugli aiuti di Stato.

Lo ha reso noto il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali al quasi completamento dell’iter previsto per l’autorizzazione della Commissione europea, che ha confermato la piena coerenza delle norme introdotte dalla riforma con la disciplina sugli aiuti di Stato.

Si tratta di un traguardo molto atteso dal mondo del Terzo Settore, destinato a segnare un profondo cambiamento per quanto riguarda il trattamento fiscale delle attività svolte dagli enti non profit e dell’economia sociale.

Il contesto normativo è stato spesso caratterizzato da disposizioni fiscali estemporanee e da revisioni d’urgenza, spesso condizionate dalle numerose procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia (si pensi, ad esempio, al nuovo regime IVA per le associazioni e alla vicenda Ici – Imu).

Il riconoscimento del ruolo del Terzo Settore

La riforma del Terzo Settore pone l’Italia al centro di un processo di trasformazione del contesto culturale e giuridico europeo per gli enti che si occupano dei bisogni della collettività. L’impostazione della riforma è stata quella di definire una nuova fiscalità in grado di riconoscere il ruolo del Terzo Settore come portatore di interessi collettivi e attuatore del principio costituzionale di sussidiarietà, con un ruolo completamente diverso rispetto alle imprese profit che operano sul mercato. In passato, infatti, le regole fiscali venivano applicate forzosamente anche agli enti non profit, senza considerare la loro specificità.
La Commissione europea, attraverso la “comfort letter” della Direzione Generale Concorrenza, ha riconosciuto il carattere variegato del vasto ecosistema del Terzo Settore italiano. Quest’ultimo non opera con le stesse regole delle imprese for profit, pertanto non è corretto applicare i medesimi criteri di tassazione previsti per il mercato. Gli enti del Terzo Settore sono infatti tenuti a svolgere attività di interesse generale, destinando obbligatoriamente i proventi realizzati al perseguimento delle proprie finalità statutarie senza poterli distribuire. 

Verso un diritto tributario del Terzo Settore

Il principio chiave che emerge dalla nota della Commissione europea è che le imposte si pagano sul reddito “posseduto”, ossia sulla ricchezza di cui un soggetto può disporre liberamente. Nel caso degli enti del Terzo Settore, non vi è un vero e proprio “possesso” del reddito, poiché gli utili devono essere reinvestiti obbligatoriamente in attività di interesse collettivo. Questo implica la necessità di defiscalizzare gli utili realizzati da tali enti e stabilire alcune eccezioni per le imprese sociali in relazione alla parte del reddito distribuito che remunera il capitale investito.

Le misure fiscali che entreranno in vigore nel 2026

Dal 1° gennaio 2026 entreranno definitivamente in vigore i criteri per stabilire quando un’attività di interesse generale sia svolta con modalità non commerciale e quando un ente possa essere qualificato come commerciale. L’articolo 79 del Codice del Terzo Settore (CTS) stabilisce infatti criteri per determinare la natura commerciale o non commerciale delle attività di interesse generale. I corrispettivi che non superano i costi effettivi entro il limite del 6% annuo per tre esercizi consecutivi saranno considerati non commerciali; oltre tale soglia, l’attività sarà qualificata come commerciale. 

L’articolo 80 del CTS introduce poi un regime forfettario per gli ETS non commerciali, con specifiche agevolazioni fiscali. 

Saranno abrogati il regime di decommercializzazione dei corrispettivi specifici previsto dall’art. 148 del TUIR e il regime forfettario agevolato della Legge 398/1991, lasciando spazio ai criteri dettati dal Codice del Terzo Settore. Pertanto le associazioni che non rientrano nel Terzo Settore non potranno più avvalersi del regime forfettario previsto dalla Legge n. 398/1991, che resterà disponibile solo per le Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) e le Società Sportive Dilettantistiche (SSD) non iscritte al RUNTS. 

Il passaggio dall’attuale regime di esclusione IVA a quello di esenzione IVA per alcune attività degli ETS, con conseguenti modifiche alla detrazione dell’IVA sugli acquisti e sulle operazioni passive.

Le Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS) dovranno adeguarsi al nuovo quadro normativo entro il 31 marzo 2026, scegliendo se iscriversi al RUNTS o operare al di fuori di esso, con conseguente devoluzione del patrimonio in quest’ultimo caso. 

I prossimi step

I decreti attuativi stabiliscono che le nuove misure fiscali entreranno in vigore dal 1° gennaio successivo all’autorizzazione UE, confermata dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. La Commissione ha chiarito che le regole fiscali italiane non favoriscono specifici settori e non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’art. 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Una volta concluso l’iter di autorizzazione, il ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate dovranno fornire interpretazioni e chiarimenti per assicurare la corretta applicazione delle nuove norme. Inoltre, la legge delega n. 111/2023 prevede l’introduzione di un regime speciale per evitare oneri economici in caso di cambio di qualifica da commerciale a non commerciale a seguito dell’iscrizione al RUNTS.

Il Tavolo di lavoro tra il ministero dell’Economia e delle Finanze e il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sarà fondamentale per garantire l’implementazione efficace della riforma. L’autorizzazione UE chiude una fase di incertezza per il Terzo Settore e apre una fase più ambiziosa, volta a dare solidità all’ecosistema sociale, economico e culturale del non profit italiano attraverso regole fiscali certe e sostenibili.

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