Nel rapporto di lavoro subordinato il lavoratore a tempo indeterminato che voglia dare le dimissioni deve comunicare al datore di lavoro la sua intenzione di dimettersi con un congruo anticipo, che viene definito periodo di preavviso e la cui durata è fissata dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicato. La previsione dell’obbligo di dare il preavviso e di lavorare nel periodo di preavviso risponde all’esigenza di consentire al datore di lavoro di reperire un sostituto.
Vi è però un’ipotesi in cui il lavoratore può interrompere immediatamente il rapporto di lavoro senza dare il preavviso.
Infatti ai sensi dell’art. 2119 del Codice Civile il lavoratore può recedere dal contratto di lavoro senza preavviso qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto; si deve insomma essere in presenza di un comportamento del datore di lavoro talmente grave da non consentire nemmeno la prosecuzione temporanea del rapporto durante il periodo di preavviso.
In tale ipotesi il lavoratore avrà anche diritto a richiedere l’indennità di disoccupazione NASpI.
L’art 2119 del codice civile non precisa però quali siano le cause che non consentono la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.
Sono state la giurisprudenza e poi anche l’Inps, con la circolare n.163 del 2003, ad aver individuato le motivazioni per i quali il lavoratore ha diritto a dimettersi per giusta causa senza obbligo di preavviso, e con diritto a vedersi riconosciuta la retribuzione relativa ai mesi di preavviso, preavviso che appunto non viene prestato a causa di un inadempimento del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.
Ecco l’elenco dei motivi che rendono ammissibili le dimissioni per giusta causa:
- il mancato o ritardato pagamento della retribuzione;
- il comportamento ingiurioso del superiore gerarchico nei confronti del dipendente;
- modificazioni particolarmente peggiorative delle mansioni lavorative;
- il mancato versamento dei contributi INPS, INAIL eccetera;
- molestie sessuali nei confronti del dipendente;
- il mobbing, ovvero comportamenti vessatori di superiori o colleghi tli da provocare il crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore;
- lo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 codice civile per il trasferimento;
- variazioni importanti delle condizioni di lavoro a seguito di cessione dell’azienda;
- richiesta al lavoratore di tenere comportamenti illeciti da parte del datore di lavoro;
La procedura da seguire per dimettersi per giusta causa è quella di formalizzare le dimissioni in modalità telematica, attraverso l’invio telematico di apposita modulistica al datore di lavoro nella quale il lavoratore selezionerà l’opzione “dimissioni per giusta causa”.
Le dimissioni comunicate in altre forme sono inefficaci. Il dipendente non è tenuto a comunicare immediatamente i motivi che hanno determinato le dimissioni per giusta causa ma deve rendere noto che non si tratta di dimissioni ordinarie.
In tale modo potrà poi richiedere all’INPS il pagamento dell’indennità di disoccupazione Naspi.